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Un mio stimatissimo amico il 14 febbraio 2018 ha pubblicato su facebook un post di cui non posso fare a meno di compiacermi e condividere, anche perché tutto ciò che arriva inatteso ha nel nostro intimo una risonanza amplificata della quale è lecito godere.







(Personale e relativa riflessione di Mauro Montacchiesi)
(Tutti i riferimenti storico-mitologici sono tratti da wikipedia)
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Hathor
« Vieni, farò per te la gioia al crepuscolo e la musica alla sera! O Hathor, tu sei esaltata nella chioma di Ra, perché il cielo ti ha dato la profonda notte e le stelle. [...] Adoriamo la Dorata quando brilla in cielo! »
(Inno a Hathor) (https://it.wikipedia.org/wiki/Hathor)
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Hathor è la divinità egizia della bellezza e dell’amore. La correlazione ideale, tra Loretta e la Dea Hathor, germina da un’elegante versione del poliedrico hairstyle di Loretta ed a questa Dea, “esaltata nella chioma di Ra”(l’oro), viene soggettivamente spontaneo omologarla, appunto, nella bellezza e nell’amore. Hathor, dall'originale egizio “ḥwt-ḥr”, che significa “Casa di Horus”. La traslitterazione dei geroglifici del nome di Horus (in italiano Oro) è “ḥr.w”. Uno dei suoi diversi significati è: "Colui che è al di sopra, il Superiore". Ed al di sopra, superiore a tutti gli altri metalli è l’oro. L'oro è la rappresentazione, l’emblema dei principi divini e della gloria. Gli antichi Egizi lo correlavano al dio del sole “Ra” (dio Ἡλίου πόλις, Heliopolis; città del Sole). Nelle culture vediche, l'oro era simbolo di verità. Nell’antica alchimia cinese significava “illuminazione”. Presso i Greci “potenza della mente ed immortalità”. L’oro, ovvero il metallo nobile, proiezione della Nostra, che dal sole-oro mutua: espansione, calore, regalità, personalità, affermazione dell’Io, coscienza di se e forza creativa. Energia allo stato puro, in continuo movimento. Centralità, totalità, assoluto. Il dio persiano Mitra (mito solare) sembra aggiungere luce per l’umanità. L’olimpico Apollo (divinità solare), dio della poesia, completa l’opera infondendole inesauribile ars inveniendi. Loretta, donna di classe e generosa, non può passare inosservata, poiché il sole-oro le conferisce un icastico magnetismo personale. Dotata di una fervida immaginazione, vive ogni sua esperienza con grande pathos, con totale certezza della singolarità dell’attimo, poiché ogni cosa che la concerne deve avere un cachet di esclusività, e ciò la porta a vivere e ad effondere i propri sentimenti con vibrante, aulica intensità lirica. E le sue poesie, invero, sono pregnanti di debordante sensibilità, di trepidante passione, di sentimentale orfismo. I suoi tòpoi sono icastici di un luminoso Eros (pulsioni di vita) che sostanzialmente obnubila Thanatos, relegandolo a tangenziale ruolo, seppur, talora, la Nostra sembra cedere a tratti nichilistici dettati dalle circostanze, ma non dal suo DNA. Eros si esalta in ogni afflato di vita o di amore ed è intelligibile anche negli spasmi dello struggimento, in ogni estatico apice panico (Panismo) dell’Artista.
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A braccia larghe,
ad imitare aperture d'ali,
sfiderò correnti ascensionali,
abbraccerò il sogno
di una nuvola bianca
strappata al sole
e ne assaggerò il sapore
prima che il gran calore
ne faccia della gola l'illusione.
E, per le mie labbra
avide del furtivo assaggio,
sarà come rubare
un fiocco di zucchero filato
dalla bocca di una primavera
arrivata tutta profumata
a stordire le nari e fiaccare i sensi
in un'alba nuova...
(tratto da: UN'ALBA DI EPIFANIE BAMBINE – di Loretta Stefoni)
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Nondimeno l’estetica lirica, nella sua estensione, non può essere totalmente scevra da accenni di un manicheismo chiaro-scurale, segnatamente da un certo struggimento, melodica prole del fluire del tempo, …
« Sed fugit interea fugit irreparabile tempus » (Georgiche, III, 284)
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Sfugge il tempo, si beffano stagioni,
primavere sfioriscono all’orizzonte,
ma fiati di respiri azzurri s’involano
anche nei cieli oscuri della notte,
dove i fiori innamorati della luna
mostrano le loro odorose corolle
e le ore se ne stanno oziose
a farfugliare con stelle ciarliere
(Tratto da: “Nel fitto sottobosco dei pensieri” di Loretta Stefoni)
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… delle gioie e dei dolori, con i loro engrammi.
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Sono rami sempreverdi i miei ricordi,
non temono il rincorrersi di stagioni.
Ben celate tra le foglie si annidano
sillabe e fonemi come piume,
a lasciare tracce di impavide ali
che hanno imparato a volare.
Chi potrà mai dimenticare
la generosa schiusa di uova
in quella primavera così lontana?
(Tratto da: SOLO UN RESPIRO DI GINESTRA E FIORDALISO – di Loretta Stefoni)
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Mutuando a sistema l’anagogia dell’esegesi medievale, che permette di scoprire nella «lettera» la presenza di realtà intelligibili e future, e quindi l’interpretazione spirituale della «lettera», risulta plastico ed incoercibile, pur se soggettivamente e relativamente considerato ab-extra, l’anelito di un’emancipazione animico-spirituale verso l’universo.

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    «Non sono un critico né un sapiente, ma so "leggere" ed apprezzare il bello. Spero vorrà accettare queste mie considerazioni.
    Leggere una poesia, poesia vera dico, è come entrare un casa d’altri ad ammirare l’arredamento, la sua disposizione, la sua eleganza e leggere attraverso di loro il messaggio che il padrone di casa ci trasmette. Ma non è soltanto questo, perché, se la poesia è vera, chi legge deve necessariamente sentire l’impulso di diventare, seguendo la metafora, egli stesso arredatore, cioè partecipe, cioè poeta.
    Ed è per questo che la sensazione che naturalmente provo quando leggo l’opera poetica che Loretta Stefoni ci dona è un senso naturale ed istintivo di partecipazione che si svela venendo fuori dal mio intimo sentire e diventa patrimonio reale da nascosto ed ignoto che era fino ad allora.
    L’invito che Loretta ci fa è: venite insieme a me a cantare, a gioire, a sognare, ad amare, ad essere quello che siete e che non sapete di essere.
    E ci conduce con mano gentile e sicura per i sentieri della poesia che poi è la vita, se vissuta bene.
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